Ci interroghiamo ormai da millenni sulla natura della mente e delle sue sorprendenti funzioni.
Il tema è stato oggetto di studio da parte di filosofi, pensatori e scienziati di tutti i tempi, ma è solo con la nascita della psicologia scientifica che il concetto di mente viene differenziato da quello di anima e coscienza.
Agli inizi del Novecento il paradigma dominante della ricerca psicologica era quello comportamentista, secondo il quale la psicologia può assumere come oggetto di studio esclusivamente i comportamenti manifesti degli individui.
Ti può interessare anche: Come prevedere un sano invecchiamento del cervello
La visione comportamentista
Gli psicologi comportamentisti ritenevano che la mente non potesse essere studiata in maniera scientifica poiché non direttamente osservabile dallo studioso, e che pertanto solo attraverso lo studio dei comportamenti si potessero ottenere informazioni sul suo funzionamento.
I primi studi sul comportamento animale avevano mostrato che tramite punizioni e ricompense – e la loro associazione con stimoli neutri – era possibile condizionare la condotta animale.
Il cane, che aveva imparato ad associare il suono del campanello alla comparsa del cibo, iniziava a salivare non appena udiva il tintinnio, ancor prima di vedere il cibo.
Il comportamento era definito, quindi, come risposta standard (uguale per tutti gli individui) agli stimoli provenienti dall’ambiente.
La mente per i comportamentisti aveva un ruolo passivo e di poca importanza.
I comportamenti di risposta agli stimoli ambientali erano determinati da leggi naturali universali che non lasciavano spazio alla possibilità di agire in maniera diversa.
La mente veniva concepita come una sorta di scatola vuota in cui potevano essere inseriti determinati input per riceverne determinati output.
L’apprendimento si verificava quando nuove connessioni tra input e output venivano stabilite: il bambino che associava il gelato ad un gusto gradevole imparava che il gelato è buono.
La mente secondo la Psicologia della Gestalt
Il paradigma comportamentista venne messo in discussione dalla Psicologia della Gestalt – una corrente psicologica sviluppatasi in Germania tra gli anni ’10 e ’30 – secondo la quale il modo in cui percepiamo la realtà è determinato da schemi mentali intrinseci.
In quest’ottica la mente non è intesa come una scatola vuota, ma come una scatola piena di schemi innati che servono a percepire la realtà in maniera razionale.
È proprio questa capacità della mente che ci fa percepire questi segni 🙂 come un viso sorridente e non come entità separate (due punti, parentesi e cerchio).
L’apprendimento secondo la Psicologia della Gestalt si verifica grazie alla capacità della mente di assemblare i pezzettini di realtà in un unico puzzle, che dà loro senso e coerenza. Gli schemi, inoltre, erano ritenuti comuni a tutti gli individui e immutevoli nel tempo.
Bruner e il Costruttivismo Socioculturale
Alla fine degli anni ’50 importanti ricerche psicologiche sul tema della mente hanno proposto una interpretazione nuova. Secondo l’approccio psicologico del New Look on Perception gli schemi mentali non sono innati e stabili, bensì mutevoli, influenzati dalle esperienze passate del soggetto, dai sui bisogni, dagli interessi e dalla cultura in cui vive.
Percepiamo in maniera selettiva solo alcuni aspetti della realtà, e altrettanto selettivamente ne ricordiamo alcuni e dimentichiamo altri, categorizziamo gli elementi della realtà secondo schemi che riflettono le nostre esperienze e la cultura in cui viviamo. In breve, costruiamo la nostra realtà.
Un esempio chiarirà il concetto. Immaginiamo di vedere una donna a cena con un uomo che non è suo marito: la situazione è socialmente accettabile? Si tratta di un amante o di un amico? La nostra interpretazione sarà basata sullo schema che si attiva per primo.
Lo schema a sua volta sarà indotto dalle nostre esperienze pregresse e dalla nostra cultura: se siamo nati e cresciuti in un paese in cui le donne non possono andare a cena con un amico, molto probabilmente riterremo il fatto socialmente inaccettabile.
Se abbiamo vissuto una o più esperienze di tradimento potremmo essere più propensi a interpretarlo in chiave maliziosa.
Conoscere diventa quindi un processo costruttivo e dinamico: gli schemi ci guidano nell’interpretazione della realtà e la realtà ci permette di creare e modificare schemi.
Le interazioni con gli altri – e in generale la cultura in cui viviamo – influenzano in maniera determinante la nostra idea del mondo.
La prospettiva appena descritta prende il nome di Costruttivismo Socio-culturale e lo psicologo americano Jerome Bruner, fra i più influenti pensatori del XX secolo, ne è stato il massimo esponente.
Grazie a lui oggi conosciamo un po’ di più sul funzionamento della mente, sull’influenza della cultura e del linguaggio, nonché sull’apprendimento.
Bruner si è spento cinque giorni fa, lo scorso 5 giugno.
Abbiamo voluto sinteticamente ripercorrere il filone di studi sulla mente per ricordare una piccola parte dei suoi contributi scientifici, ringraziarlo e salutarlo con affetto.
Serena Firera per Psicologia24