La patologia tumorale rappresenta la seconda causa di morte in Europa e in America del Nord tuttavia, pur a fronte di tale incremento nell’incidenza, la sopravvivenza dei malati si è notevolmente prolungata: la diagnosi precoce e le campagne preventive, il miglioramento delle tecniche chirurgiche, il perfezionamento della chemioterapia e della radioterapia consentono sopravvivenze molto elevate, anche a distanza di anni dalla diagnosi della malattia tumorale.
Da anni la psicosomatica sta indagando sui meccanismi che correlano caratteristiche di personalità con l’insorgenza di malattie organiche, specialmente cardiovascolari e oncologiche, al fine di cercare di prevenirne l’insorgenza e favorire trattamenti integrati.
Nello specifico, la psiconeuroendocrinoimmunologia approfondisce le correlazioni tra stress e malattia, il rapporto temporale tra eventi di vita e la comparsa della patologia tumorale, di come lo stato immunitario di un individuo possa modificarsi a fronte di intensi e protratti stati emozionali.
Ti può interessare anche: Il sottile tessuto che avvolge il corpo: psicosomatica della pelle
Dalla psicosomatica alla psiconcologia
L’attenzione agli aspetti psicologici della malattia tumorale e i sempre più frequenti studi sulla psicosomatica dei tumori ha portato alla nascita di un’importante branca della oncologia e della psicologia: la psiconcologia.
Quella psiconcologica è una presa in carico integrata del paziente con tumore: valutazione psicologica prima della comunicazione della diagnosi, sostegno psicologico nel corso del cammino terapeutico, corretta gestione psicofisica, ove purtroppo necessaria, del paziente terminale.
Altri aspetti importanti sono il supporto psicologico della famiglia del malato e dello stesso staff medico.
La psicosomatica e la psiconcologia rappresentano dunque un importante anello di integrazione tra le discipline psichiche e quelle somatiche.
Emozioni e tumore
La possibilità di una relazione tra psiche e tumore è un’ipotesi formulata sin dai tempi di Galeno che mise in correlazione l’aumentato rischio di patologia tumorale con la deflessione del tono dell’umore.
Oggi in psicosomatica si parla di personalità di tipo C o cancer-prone personality (contrapposta a quella di tipo A che, al contrario, risulta particolarmente esposta a patologie di tipo coronarico), caratterizzata da un insieme di atteggiamenti e tratti emozionali ben definiti, quali accondiscendenza, conformismo, ricerca costante di approvazione, passività, scarsa assertività, tendenza a reprimere emozioni, come rabbia e aggressività.
Diversi studi clinici hanno riscontrato una presenza maggiore e significativa di eventi traumatici nei pazienti affetti da tumore rispetto ai controlli nel periodo che precedeva dai due ai dieci anni l’insorgenza del tumore.
La situazione più frequente è rappresentata da eventi di perdita affettiva, soprattutto nei tumori al seno, al collo dell’utero, ai polmoni e nelle forme dell’infanzia.
Le caratteristiche di personalità, gli eventi di vita e principalmente la tendenza a reprimere le emozioni, possono aumentare la suscettibilità alla malattia attraverso un’iperattivazione ripetuta del sistema neurovegetativo che, a lungo termine, porta a una compromissione dell’efficienza della risposta immunitaria, nello specifico una diminuzione dell’attività dei linfociti e delle cellule NK (cellule del sistema immunitario importanti nel riconoscimento e distruzione di cellule tumorali).
L’emozione comporta, a livello somatico, modificazioni a carico dei sistemi endocrino, vegetativo e immunitario: la reazione emozionale inibita o repressa, tipica della personalità di tipo C, si scarica attraverso canali somatici, con persistenza temporale della reazione, comportando un preciso effetto biologico caratterizzato da una riduzione della risposta immunitaria associata, di conseguenza, a una maggiore vulnerabilità alla malattia.
Tutto questo si può tradurre in maggiori possibilità di andare incontro al tumore, o quanto meno contribuirebbe al suo avanzamento.
Le tematiche della vita, del dolore e della morte
Il paziente oncologico è posto a confronto con le tematiche della vita, del dolore e della morte; i sentimenti suscitati dalla malattia sono molto intensi, come un senso di irrealtà, rifiuto, incredulità, disorientamento, disperazione e rabbia.
Perché è successo a me? – Cosa mi accadrà adesso? – Morirò? – Sarò in grado di affrontare la malattia?- sono alcune delle mille domande che invadono la mente del paziente.
Pertanto la sua presa in carico deve essere necessariamente globale e integrata, spaziando dalle problematiche corporee a quelle emozionali.
Nello specifico, lo psicologo può fare molto all’interno dell’equipe medica aiutando il paziente ad affrontare il cambiamento fisico e psicologico che accompagnerà la malattia, incoraggiandolo a esprimere e a comunicare le emozioni, favorendo lo sviluppo di modalità adattive per affrontare il tumore.
In altre parole, può aiutare il paziente ad accogliere la malattia a livello sensoriale, cognitivo ed emotivo focalizzandosi principalmente sul paziente stesso, sui vissuti e punti di forza.
In fondo, quando si cura una malattia si può vincere o perdere; quando ci si prende cura di una persona si vince sempre.
Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche gli altri della rubrica Mente e Corpo